Gregorio I, detto papa Gregorio Magno ovvero il Grande (Roma, 540 circa – Roma, 12 marzo 604), è stato il 64º vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica, dal 3 settembre 590 fino alla sua morte. La Chiesa cattolica lo venera come santo e dottore della Chiesa. Anche le Chiese ortodosse lo venerano come santo.
Gregorio nacque a Roma attorno al 540 da una famiglia appartenente all’aristocrazia senatoria romana. Il padre, Gordiano, sembrerebbe aver ricoperto la carica di regionarius[1], ossia un funzionario preposto all’ordine pubblico. La madre, di nome Silvia, era forse di origine siciliana e si ritirò nel monastero di Cella Nova a seguito della decisione di Gregorio di rendere la casa paterna un cenobio[2]. La famiglia era agiata, con possedimenti a Roma e in Sicilia, e vantava antenati illustri: lo stesso Gregorio indicò papa Felice III (483-492) come suo avi, e sono stati ipotizzati rapporti di parentela con papa Agapito, che tuttavia rimangono incerti. Nelle lettere del pontefice vengono citati almeno due fratelli, uno di nome Palatino], e un altro definito semplicemente germanus[5], entrambi molto probabilmente impegnati in funzioni pubbliche.
Sono incerti i luoghi e le modalità della sua formazione, ma è possibile che Gregorio abbia frequentato una biblioteca istituita dal pontefice Agapito sul colle del Celio, vicino dunque alla casa paterna[7]. Ulteriori dati sulla sua formazione possono essere dedotti dalle opere del pontefice, da cui emergono le sue competenze linguistiche e retoriche nonché la conoscenza di autori classici quali Virgilio, Cicerone e Seneca. Egli assunse tuttavia un atteggiamento di condanna nei confronti della cultura classica[8], ritenendo che andasse studiata solo come strumento per comprendere e comunicare la verità divina delle Sacre Scritture[6]. Dai suoi scritti emergono inoltre conoscenze scientifiche e naturali e soprattutto una vasta padronanza del diritto romano[9]. Si pensa che Gregorio conoscesse la lingua greca, rafforzata, a seguito di una iniziale formazione scolastica, dal soggiorno a Costantinopoli (579-584) come apocrisario di papa Pelagio II.
Gregorio intraprese il cursus honorum, ricoprì la carica di praefectus urbi e sottoscrisse la dichiarazione di condanna dei Tre Capitoli del vescovo di Milano Lorenzo (573).
Nel 579 papa Pelagio II ordinò Gregorio diacono per inviarlo, in qualità di apocrisario, a Costantinopoli con lo scopo di far presente all’imperatore le aggressioni subite dai Longobardi e chiedere aiuti militari. Il soggiorno nella capitale imperiale durò fino al 586-587 e in questo periodo poté anche approfondire l’attività esegetica, esponendo oralmente l’esegesi al libro di Giobbe (Moralia in Job) su esortazione di Leandro, vescovo di Siviglia[11]. Gregorio durante il soggiorno conobbe molte personalità influenti e fu anche coinvolto in una disputa sulla natura dei corpi risorti[12] in contrapposizione a Eutichio, patriarca di Costantinopoli (577-82)[13]. Il dibattito si concluse davanti all’imperatore Tiberio che accettò la tesi di Gregorio e condannò quella di Eutichio.
Tra il 586 e il 587 Gregorio lasciò Costantinopoli su richiesta di Pelagio II, il quale voleva avvalersi della sua collaborazione per cercare di risolvere lo scisma tricapitolino, che aveva coinvolto le diocesi di Milano e Aquileia. Pare che Gregorio, prima di partire, avesse raccolto del materiale greco sulla questione e avesse scritto un trattatello che il pontefice inviò a suo nome al vescovo Elia di Aquileia e ai vescovi d’Istria.
Dopo aver lasciato la carica di praefectus urbi nel 573 ed essere entrato in possesso dell’eredità di famiglia in seguito alla morte del padre (574 o 575), Gregorio costruì sei monasteri nei possedimenti in Sicilia e trasformò la residenza paterna, situata sul colle del Celio, in un monastero in onore di Sant’Andrea apostolo[15]. Qui si ritirò per alcuni anni, almeno fino al 582 quando fu inviato come apocrisario per conto di papa Pelagio II a Costantinopoli, dove venne raggiunto da alcuni monaci e visse con loro. L’allontanamento definitivo dal monastero avvenne solo nel 590 quando Gregorio fu eletto al soglio pontificio (590)[16]. Egli, durante il pontificato, continuò a praticare uno stile di vita ascetico e sentì sempre la nostalgia della tranquillità della vita monastica in contrapposizione alle tante preoccupazioni che accompagnavano il suo incarico[17]. Il rigido ascetismo portò tuttavia ad un peggioramento delle sue condizioni di salute, a cui col tempo si aggiunse la gotta che lo afflisse fino alla morte (604).
Il monastero fu luogo di formazione di validi e fedeli collaboratori del pontefice a cui Gregorio affidò incarichi importanti, primo fra tutti Agostino, capo della missione evangelizzatrice in Inghilterra e futuro vescovo di Canterbury. Egli pose inoltre molta attenzione alle questioni monastiche, soprattutto quelle che riguardavano la condizione dei cenobi italiani. Gregorio promosse la fondazione di nuovi monasteri, controllando e tutelando anche quelli esistenti, intervenne in caso di abusi attraverso i suoi funzionari, fece donazioni e sollecitò quelle di aristocratici facoltosi per risollevare queste strutture dalla penuria in cui si trovavano.